la mappa non è il territorio, né il viaggio


(l'immagine rappresenta un quadro di carla freddi ed è presa da qui)
uno degli assunti di base della programmazione neurolinguistica recita: “la mappa non è il territorio” (korzybski), dove il territorio rappresenta la realtà oggettiva e la mappa l’esperienza soggettiva e parziale che ogni persona ne trae.

si afferma che la mappa sia soggettiva e parziale in quanto il sistema nervoso umano ne filtra in modo selettivo le informazioni, producendo una rappresentazione personale della realtà stessa.

ponendoci sul territorio come su una possibilità infinita di percorsi, interpretazioni e sviluppi, la nostra mappa narra ciò che  possiamo e preferiamo esplorare, attraverso individuali scelte e capacità di osservazione ed elaborazione del viaggio.

gli itinerari ritenuti più utili e comodi, tendono ad essere reiterati costantemente, dando luogo a mappe limitate ed abitudinarie, con il vantaggio di sentirsene rassicurati: “ho la mappa: conosco la situazione e la controllo” (questa convinzione è totalmente illusoria, a causa della mutevolezza costante della vita, della realtà, del territorio).

il comportamento descritto è frutto di una strategia di sopravvivenza al pericolo, elaborata dall’uomo sin dai tempi più antichi e in esso non c’è nulla di sbagliato.
anzi: la capacità di tradurre una strategia utile, in abitudine, è la sana capacità di evitare l’overworking al cervello, altrimenti posto continuamente sotto lo sforzo di effettuare delle scelte.

ma nella “filosofia dell’arte di vivere”, schmid afferma che “si annulla un piacere quando lo si vuole provare per sempre”.

così il piacere della comodità, l’abitudine e il senso di sicurezza di una condizione, se non vengono mai revisionate ed attualizzate con una attenta analisi critica, si trasformano -nel tempo- da comportamenti in convinzioni sempre più radicate, fino a penetrare nel senso di identità: “io sono fatto così…”.
questa affermazione è la serratura che blinda la mente: è una dichiarazione di rinuncia alla libertà di cambiare se stessi e rinnovare la propria vita.


l’audace esploratore esistenziale, non solo arricchisce la propria mappa di percorsi nuovi, ma esplorando il territorio, se ne appropria e lo forgia, aprendo i propri orizzonti e quelli di chi verrà dopo di lui.


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